Magari mi sbaglio…
Canoa Club Napoli nella versione A1 torna dal weekend pugliese consegnandoci un bel po’ di materiale su cui concentrare delle riflessioni.
Permettetemi però prima di tutto di fare ancora una volta, così come l’anno scorso, i complimenti agli amici tarantini e alla Lega Navale della città. Non saprei dire se è anche merito della federazione, ma finalmente anche da casa abbiamo potuto assistere alle belle partite dei nostri ragazzi e vederli in acqua in una cornice di eccellenza. Come se fossimo lì, a bordo campo. La sede e la struttura vengono certamente in soccorso, comunque sia abbiamo avuto la sensazione che i nostri fossero ospiti in un ambiente caloroso e amichevole e noi abbiamo avuto la possibilità con quella telecamera puntata sul campo, di stare virtualmente con loro.
Dovrebbe essere così sempre e dovunque. Bravi, bravi!
Sui numeri abbiamo sempre creduto e fatto affidamento. I numeri non mentono.
Ma anche i numeri che dicono solo la verità, a volte si fermano a delle mezze verità.
La verità è che la classifica ci vede in una posizione piuttosto scomoda.
La verità è anche il bottino piuttosto pesante di reti subite, ben 18.
La verità è il gruzzolo esiguo dei gol realizzati, solo 10.
La verità è anche quella di una squadra andata a segno con quasi tutti i suoi componenti (tranne il coach!), molto corretta e dalla media età più bassa di tutta la categoria. E non di poco più bassa.
CCNA fa dei classe 2004 l’ossatura dell’A1. Altre squadre al più ne ospitano uno o qualcuno al massimo.
Penso che questa cosa conta. Non ci giustifica, ma qualcosa spiega.
Irno e SNAP subiscono le nostre stesse reti al passivo, anzi SNAP fa peggio sia al passivo (-19) che all’attivo (+9). Eppure, ci sono avanti. Come pure il Palermo, contro i quali siamo stati in vantaggio (anche corposo) dall’inizio della partita e fino a pochi istanti dal termine. Tra la nostra posizione precaria e le loro confortevoli, ci passa un niente, veramente troppo poco per non bruciare.
Queste sono purtroppo quelle mezze verità, di cui dicevo. Sono quei “se” e quei “ma” che non contano. Soprattutto nello sport.
Non ho motivi, nemmeno uno, per muovere critiche o rimproveri. Il mondo difficile nel quale stiamo vivendo, turba e disorienta un adulto, figurarsi cosa deve essere per degli adolescenti. A nessuno passa seriamente per la testa far pesare sulle loro spalle aspettative irreali e presunte affermazioni in questa categoria. Basterebbe rivedere le sorti e le avventure dalla passata stagione di A1 solo per farci un’idea. E ricordiamo come era composta la squadra di A1, annata 2019…
Certo nelle passate stagioni, da U14 in avanti, i nostri ci hanno abituati troppo bene per non lasciare un retrogusto amaro quando le cose non vanno per il verso giusto.
Nonostante tutto, e parlo a titolo personale, io una riflessione voglio invitare a farla. Perché, secondo me, prima la facciamo e prima eventualmente ne usciamo, sempre che ne possiamo uscire.
E vorrei che leggessero anche i ragazzi…
Senza ricicciare il “cippo a Forcella”, io a Sabaudia c’ero e mi ricordo i volti impauriti e lo yoga scacciapensieri… ci sono stato anche a molti degli esordi “toppati” e poi rimediati per le evidenti qualità tecniche di questa generazione ora in A1. E purtroppo doverosamente dobbiamo ricordarci pure di Trieste U18 o di Roma con l’U14 favorita e sconfitta.
Sto parlando del carattere.
Sto parlando del sangue agli occhi.
Sto parlando della capacità agonistica di tirare fuori l’incredibile e l’impossibile.
Sto parlando della schiuma e della furia che ribaltano l’avversario a furia di pagaiate.
Di questa roba qua vedo certe volte la mancanza.
Succede che ci arrendiamo al 99esimo cancello quando dovremmo provare ad aprire l’ultimo, il 100esimo, il più difficile lo capisco, per il definitivo salto di qualità.
Non è nemmeno detto che ci sia di sicuro la 100esima porta. O che si possa riuscire realmente ad aprirla. Lo metto in conto.
Ma provarci! Quello lo dovreste a voi stessi, ragazzi! Provarci sempre, anche a morsi e gomitate se servissero!
Sapeste quante volte ora! Ora! mi pento di non aver provato ad aprire le mie centesime porte!
Una brutta sensazione guagliu’, che vi auguro non vi si appiccichi mai addosso.
Ma le virtù agonistiche vanno allenate per non farle sparire. E seppure non diventeranno il tratto distintivo di questa generazione, possono essere provate e riprovate, come se fossero degli schemi. Sollecitate. In un modo per alcuni, in certi altri per chi ha bisogno di un incoraggiamento piuttosto che di una ramanzina o di una sonora cazziata!
Nessuna accondiscendenza generalizzata e nemmeno grugni indiscriminati dall’altra.
Passeranno anche dieci ore al giorno in acqua alla Sarparella, ma al netto del “pariamiento”, meglio di meno e buone che tante e non sempre utili e fruttuose.
Non valgono tanto per Taranto queste chiacchiere, magari mi sbaglio, ma possono venire utili per il futuro.
Per non sprecare il tesoro.
Per mantenere vivo il sogno.
Addetto stampa
Gino Illiano