Il “Titolo” che non c’è…

È un gioco di parole, ma anche il risultato del fine settimana salernitano di CCNA U21.
Me ne sono passati per la mente tanti. Scartati per un motivo o per un altro.
Cose del tipo “U21, Uocchie chine e mane vacante…”, oppure “Una battaglia non è la guerra…”, ma anche “Oggi a te, domani a me…”. Alcuni francamente sgraziati, possiamo dircelo.
Anche se pertinenti, nonostante la bruttezza.
In fondo non è successo nulla, niente che non sia in linea con lo sport.
Si vince e si perde. Il più delle volte con merito, alcune anche per fortuna, certe altre accade il contrario. Né con merito e nemmeno per buona sorte.
Nulla è già scritto. Nulla è matematico.
Ci sta.
È la magnifica potenza dello sport.

Soprattutto quando a cimentarsi sul campo, in acqua, sono il fior fiore, il meglio che ci sia in giro, della gioventù canoapolista nazionale.
Un titolo spesso viene fissato quando si riesce a cogliere i pensieri e i sentimenti degli “attori” coinvolti. E quando “Cala il sipario…” (l’ho scartato…) sulla manifestazione come questa volta, non è che siano in tanti ad avere la chiacchiera facile. Succede come è successo che i volti sono scuri e i musi lunghi. Con quegli stati d’animo è comprensibilmente difficile ed anche inopportuno approcciare discorsi consolatori.
Eppure, se partiamo dai referti e da quanto vissuto durante la manifestazione, il quadro è a tinte vivaci e brillanti.

6 partite esemplari, inclusa la finale. 5 vittorie indiscutibili con qualsiasi dirimpettaio. Ortigia (4-2), Posillipo B (8-0), Arenzano (7-3), Ichnusa B (12-4) e poi Ichnusa A (4-1) in semifinale (che partita!)… +25, la differenza reti tra le 35 realizzate e le 10 subite!
L’ennesimo torneo nazionale, l’ennesima semifinale vinta, l’ennesima finale da giocare… l’ennesimo podio, l’ennesima medaglia… l’ennesima… già, l’ennesima di tutto.

Ogni tanto sarebbe utile mettersi nei panni degli altri. A cui CCNA e Jomar concedono l’onore e le briciole. Immagino che ogni altra squadra, nessuna esclusa, farebbe carte false per ritrovarsi nella nostra stessa condizione.
Di fatti “L’Argento vivo addosso” se l’è giocato alla grande come pensiero “papabile” di inizio articolo.
Non ce l’ha fatta a superare lo scoglio dei volti cupi.
Ci sarebbe voluta una leggerezza che non ho colto. Uno sguardo che si incuneasse già tra le canoe avversarie della prossima sfida. Che fosse già un appuntamento alla prossima occasione.

La coppa ha navigato verso la Sicilia, lo Jomar Catania U21 porta con sé l’oro e anche gli applausi del pubblico, della famiglia CCNA intera.
Nell’inesorabile colpo su colpo della palpitante finale, bellissima, più che un loro guizzo ne ha potuto la nostra ansia. Prima che CCNA ne cadesse vittima, a 240 secondi dal fischio finale, poco o nulla faceva presagire lo schianto sugli scogli. Per questa ragione “Colpiti e affondati” è stato “bannato” senza alcuna possibilità da queste righe. Sarebbe stato ingeneroso e fuorviante. E falso.

Resta da ipotizzare un perché. Che non è un fatto. Non potrà mai avere un riscontro e vestirsi di oggettività. I nostri racconti, le nostre ricostruzioni, non potranno lasciare il campo delle opinioni quali sono, sparpagliate in questi articoli.
Ognuno di noi avrà la propria spiegazione.

Quello che penso è che impegno, fatica, dedizione, forza di volontà, ambizione, fanno la differenza e sono indispensabili. Ma che comunque e tutte assieme non danno alcuna garanzia e certezza.
Ciascuno dei nostri ragazzi ha queste qualità in misure differenti e in proporzioni personali. Quando si ravvisano come qualità marginali, andrebbero stimolate e incentivate.
Per curare quel dettaglio che certe volte c’è e ti avvantaggia e certe altre manca e ti affonda.

Quanto a me, tornando a casa e rimuginandoci un po’ sopra, su questa Coppa Italia, senza neanche saper come o per quale ragione, mi è venuta a mente una canzone.
Una di quelle importanti.
Una di quelle che te li devi prendere cinque minuti per ascoltarla “veramente”.
È di De Gregori…
Parla di sport, di ragazzi, di aspettative, di giudizi che possono pesare, di qualità che possono elevare e di un rigore…
… “Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore
Non è mica da questi particolari
Che si giudica un giocatore
Un giocatore lo vedi dal coraggio
Dall’altruismo e dalla fantasia.” …
Se li prendessero anche i nostri ragazzi, cinque minuti.
La ascoltassero anche loro.
La ascoltassero veramente.
Si riconoscerebbero tutti in quelle parole.
Chi per il coraggio…
Chi per la fantasia…
Chi per l’altruismo…
Chi per il cuore pieno di paura…
La verità è che lo puoi sbagliare un calcio di rigore.
Non significa niente.
Non è importante.
Zero proprio!
Vale però che poi devi sorridere alla malasorte.
Immediatamente.
Dicendo per primo a te stesso e poi all’amico avversario, “Ok, stavolta è andata così, appuntamento alla prossima, e vediamo chi lo sbaglia il calcio di rigore!”.
Chiudo con un pensiero al “Titolo” che non c’è…
“L’isola che non c’è”, tutti noi sappiamo perfettamente che c’è. Eccola.

FCCNAS!

Gino Illiano

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