Sulla muta del carapace delle moleche…
L’autunno entra stancamente nella sua fase finale senza lasciare segni memorabili. A parte alcune generose secchiate d’acqua. L’inverno invece, come da qualche stagione a questa parte, continua la sua recita improntata alla timidezza e alla latitanza e non sembra avere tanta voglia di fare il suo “ingresso in società”.
Alla lunga tutto si sistemerà, lo sappiamo, come sempre e come ogni cosa.
Sono di tradizione contadina, il mondo “agricolo” in questo periodo sembra riposare.
Quello che del mare è entrato a far parte della mia vita, invece è da “autodidatta”, si potrebbe quasi dire che è di “importazione”.
Insomma, senza provare a fare l’espertone né dell’uno e certamente nemmeno dell’altro, l’impressione che ho è che anche il mare abbia bisogno dei suoi tempi e che lì in mezzo, in questi frangenti, succeda poco o nulla.
E ovviamente, non c’è nulla che io possa pensare di più falso e sbagliato.
Se da una parte si concima, si semina, si potano gli alberi, dall’altra si rappezzano le reti, si sistemano lenze e gli ami, si riparano le barche.
Ci si adatta, si approfitta, si cambia, ci si prepara.
Succede, pari pari, a CCNA.
La stagione agonistica è alle spalle.
Con enormi soddisfazioni e qualche piccolo graffio da rimarginare.
Tra un passato che ancora sa di “appena ieri” ed un futuro al momento embrionale e “lontano”.
Quello che CCNA vive al massimo, è il presente. Come sempre.
Una grande apparente calma.
Un tutto uguale, ogni volta un po’ diverso.
Il “modo di CCNA”.
Il “mondo” CCNA.
Fatto di allenamenti.
Duri. Impegnativi. In acqua. A mare. Anche sotto la pioggia battente.
Con le poche ore di luce solare disponibili, che sfociano sempre nel buio più impenetrabile per chi osserva dalla riva della “Sarparella”.
Fatto di sacrifici.
Dedicando allo sport la quasi totalità dei fine settimana e tutte quelle ore sottratte alle potenziali mattinate di sonno ristoratore.
O in palestra, a sollevare pesi e ad alimentare muscoli ed ego davanti lo specchio.
Niente di nuovo.
A parte che da qualche stagione, sotto gli occhi, si ha una varietà più ampia di generazioni, ed è più facile cogliere dei particolari, delle situazioni, delle storie.
Multitasking… ora si dice così. Ragazzi “versatili”.
Studiano, si allenano, vanno a scuola, all’università, alle superiori o alle medie.
Lavorano, si impegnano, aiutano, si allenano…
Si allenano, si preparano, approfittano del “fermo biologico” dell’attività agonistica.
Vivono con entusiasmo, foga, incoerenza, timore, decisione, ansia, rabbia, superficialità, coraggio, imbarazzo.
Vivono la propria età. Semplicemente.
Magari ci si augurerebbe con ancora maggiore solidarietà, altruismo e generosità.
Ma la perfezione è solo un auspicio, un prodotto della fantasia.
Speriamo tutti che i nostri ragazzi si avvicinino quanto più possibile all’idea che ciascuno di noi ha di questa “perfezione”. Come persone, come figli, come sportivi, come canoisti.
La verità è che, posso testimoniarlo personalmente, una stagione dopo l’altra, cambiano.
Come è giusto che sia.
Cambiano, certe volte lentamente, certe altre in fretta, facendo quasi un salto in avanti.
Certe volte te lo aspetti, altre è una sorpresa.
E le sorprese sono sorprese. Quasi sempre belle. Quasi. Non sempre.
Cambiano e crescono.
Tutti, nessuno escluso. Quelli che alcuni dei nostri figli si ostinano a chiamare “i grandi”, come se quella categoria non li inglobasse già, e i “piccoli”, come se questi invece, solo perché più giovani, “piccoli” lo devono essere per sempre.
Senza standard, senza regole “uguali per tutti”.
Alcuni riescono o provano a mantenere una traiettoria. Altri abbandonano un sentiero per intraprenderne altri. Più lineari o più contorti, a seconda dei casi o delle opinioni più diverse.
Alcuni danno l’impressione di sapere il fatto proprio, altri un po’ hanno l’aspetto e l’atteggiamento di chi istintivamente va, anche senza sapere esattamente dove.
Non sono così anche a casa?
Non è così ovunque? In ogni ambiente? A lavoro? A scuola? Tutto intorno a noi?
Noi tutti sappiamo sempre ogni cosa con assoluta certezza?
Parlo per me, solo per me, io no.
Nonostante tutto, come padre, mi “impedisco” di essere solo testimone, e mi “impongo” di accompagnare mio figlio, non potendo fare altro, nella sua crescita.
Come un margine di carreggiata, come un segnale stradale. Ci sono delle regole in strada, ma la direzione, quella la sceglie lui. Dove si andrà, staremo a vedere. Speriamo sia un bel posto.
Fino a quando ne avrò la possibilità nonostante tutto questo “cambiare”, e lui me ne darà l’occasione, l’accompagnerò.
Quando i ragazzi risalgono da mare dopo un allenamento, quando tolgono il corpetto, come ha suggerito un nostro amico in una delle chat che ci riguarda, danno l’impressione di assistere alla muta dei carapaci delle moleche.
Le moleche, sono i granchi comuni in fase di muta. Vengono chiamati in questo modo a Venezia per la loro caratteristica di essere teneri e molli.
E’ così che crescono i nostri ragazzi. Cambiano corazza. Affrontano il rischio che per essere più forti, occorre superare qualche momento di debolezza!
Addetto Stampa
Gino Illiano